MED SPORT 2006;59:203-8

F. GIADA, A. PELLICCIA, D. CORRADO, R. BETTINI, G. THIENE

L’esercizio fisico, come riportato nei capitoli
precedenti, svolge un ruolo fondamentale
nella prevenzione e nel trattamento
di numerose affezioni. A fronte di tale effetto
positivo, esso può comportare anche alcuni
rischi, in particolare a carico dell’apparato
cardiovascolare. L’esercizio fisico, infatti,
può rappresentare il trigger di eventi acuti,
quali infarto miocardico, angina pectoris, aritmie
e morte improvvisa (MI). L’attività fisica
regolare, inoltre, soprattutto se caratterizzata
da un elevato impegno del sistema cardiovascolare,
può essere responsabile di un’evoluzione
sfavorevole del quadro clinico di
alcune cardiopatie.
Nel presente capitolo verranno analizzati i
rischi cardiovascolari dell’esercizio fisico e
le modalità per prevenire o minimizzare tali
rischi attraverso un adeguato screening preventivo.
Per la valutazione dei soggetti praticanti
attività sportiva agonistica si rimanda
ai relativi protocolli 1, 2.
Rischi cardiovascolari
dell’esercizio fisico
L’esercizio fisico può scatenare eventi acuti
cardiovascolari, tra i quali i più temibili
sono le sindromi coronariche acute e la morte
improvvisa. Esso può associarsi anche ad
altri eventi cardiaci, come aritmie atriali e/o
ventricolari (tachicardia parossistica sopraventricolare,
fibrillazione atriale, tachicardia
ventricolare), sincopi ed insufficienza cardiaca
acuta 3.
La probabilità che si verifichino eventi cardiovascolari
durante esercizio fisico è più
elevata nei pazienti affetti da cardiopatia.
Inoltre, essa è maggiore nei soggetti in età
adulta/avanzata, in quelli sedentari e con fattori
di rischio cardiovascolare e quando l’attività
fisica è praticata ad intensità elevata 4, 5.
La probabilità, invece, è minore quando
l’attività fisica è praticata a bassa intensità e
nei soggetti che si allenano regolarmente. Il
meccanismo attraverso cui l’attività fisica abituale
esercita questo effetto protettivo nei
confronti degli eventi acuti cardiovascolari e
della MI in particolare, si pensa sia legato ad
una maggiore stabilità elettrica del miocardio,
con riduzione del rischio di aritmie ventricolari
fatali.
Allo scopo di ridurre il rischio di eventi
cardiaci avversi nei soggetti sedentari che si
apprestano a praticare attività fisica, quindi,
risulta importante eseguire un adeguato screening
preventivo ed avviare tali soggetti ad
un graduale e progressivo condizionamento
fisico, soprattutto se hanno cardiopatia nota,
età avanzata, o fattori di rischio coronarico.
Morte improvvisa
Per MI da esercizio si intende una morte
repentina ed inaspettata, non traumatica, che
si verifica in relazione temporale con l’attività
fisica, in genere entro un’ora dall’inizio dei
sintomi.
L’epidemiologia della MI durante esercizio
fisico è stata ampiamente studiata ed è
noto che la sua prevalenza risulta più elevata
nei maschi (con un rapporto 1:10 rispetto
Vol. 59, N. 2 MEDICINA DELLO SPORT 203
GIADA RISCHI CARDIOVASCOLARI DELL’ESERCIZIO FISICO E SCREENING CARDIOLOGICO PREVENTIVO
alle femmine), nei soggetti in età adulta/avanzata
e nei pazienti con cardiopatia, anche se
clinicamente silente.
Negli Stati Uniti si stima un’incidenza
annuale di MI durante esercizio fisico, nella
popolazione generale giovanile, di 0,75/
100 000 nei maschi e di 0,13/100 000 nelle
femmine 6. In Italia tale incidenza risulta pari
a 2,62/100 000 nei maschi e 1,07/100 000
nelle femmine 7. Nei maschi adulti l’incidenza
annuale sale a 5,5-6,5/100 000 3, 5, 8, mentre
non sono disponibili dati precisi negli
individui più anziani. Verosimilmente, la
minor prevalenza della MI durante esercizio
fisico nelle donne rispetto agli uomini trova
spiegazione nella scarsa partecipazione delle
prime ad attività fisiche ad elevato impegno
cardiovascolare e nella minore espressività
fenotipica di alcune cardiopatie di origine
genetica o aterosclerotica nel sesso femminile.
Nell’epidemiologia della MI anche il tipo di
esercizio ha importanza: nei pazienti con cardiopatia
nota l’incidenza di MI risulta più
bassa durante attività ad intensità moderatae
controllata quali la marcia ed il cicloturismo,
attestandosi a 0.12-0.13/100 000 persone/
ore 9, 10. Sebbene l’attività fisica, sia nel soggetto
adulto/anziano sia in quello giovane,
aumenti le probabilità di MI di origine cardiovascolare
rispetto allo stato di riposo, il
rischio assoluto di MI indotto dall’esercizio
rimane comunque piuttosto basso. Negli USA
ed in Italia, infatti, l’incidenza annuale di MI
nella popolazione generale adulta e senile
che non pratica attività fisica è sensibilmente
più elevata e pari a 1:1000 ed essa rappresenta
il 15-20% di tutti i decessi ed il 40%
delle cause di morte nei cardiopatici.
L’interesse nei confronti della MI da esercizio,
perciò, non risiede tanto nella sua rilevanza
epidemiologica, quanto nell’impatto
mediatico ed emotivo sui familiari, sull’entourage
sportivo e sull’opinione pubblica,
specie se il caso coinvolge una personalità
nota del mondo dello sport 11.
Le patologie, anche silenti, dell’apparato
cardiovascolare rappresentano la causa della
stragrande maggioranza delle MI da esercizio.
Tuttavia, bisogna ricordare che possono
essere implicate anche altre affezioni, quali
l’asma, il colpo di calore e l’abuso farmacologico
12.
Le cause cardiovascolari incidono in maniera
diversa in base all’età dei soggetti. Mentre
nei giovani al di sotto dei 35 anni prevalgono
le cardiopatie congenite o di origine genetica,
quali la cardiomiopatia ipertrofica, l’origine
anomala delle arterie coronarie, la cardiomiopatia
aritmogena ventricolare destra,
nei soggetti in età adulta/avanzata la causa
più frequente è rappresentata dalla arterosclerosi
coronarica 12.
La patogenesi della morte improvvisa è
legata prevalentemente ad un disturbo del
ritmo cardiaco, mentre meno frequenti risultano
le cause emodinamiche, quali la rottura
di un aneurisma aortico (come avviene
nella sindrome di Marfan e nella bicuspidia
aortica), l’embolia polmonare. Raramente se
non eccezionale è l’emorragia cerebrale. I
disturbi del ritmo responsabili della MI sono
rappresentati principalmente dalla fibrillazione/
tachicardia ventricolare rapida, anche
se in alcuni casi possono entrare in gioco
fenomeni bradiaritmici, quali un blocco atrioventricolare
completo o un prolungato arresto
sinusale. Tali aritmie sono scatenate dall’interazione
di un substrato strutturale (una
delle suddette cardiopatie) con dei fattori
trigger, che nel caso dell’esercizio fisico possono
essere l’ischemia, le modificazioni emodinamiche,
i disordini elettrolitici e lo squilibrio
simpato-vagale.
Sindromi coronariche acute
È noto che l’esercizio fisico può scatenare
eventi coronarici acuti, primi tra tutti l’infarto
miocardico. Si stima che una percentuale
variabile dal 4% al 18% degli infarti avviene
durante o subito dopo un’attività fisica intensa
4, 13, 15. Il periodo più a rischio è quello
compreso tra la fine dell’esercizio e l’ora
immediatamente successiva.
Come per la MI, anche il rischio di infarto
miocardico acuto è sensibilmente minore
negli individui che si allenano regolarmente 4,
13 e durante attività fisica di intensità bassa o
moderata, mentre aumenta nei soggetti già
cardiopatici.
Uno dei possibili meccanismi attraverso i
quali l’esercizio può favorire il verificarsi di
una sindrome coronarica acuta è la rottura,
causata dallo stress emodinamico, di una
204 MEDICINA DELLO SPORT Giugno 2006
RISCHI CARDIOVASCOLARI DELL’ESERCIZIO FISICO E SCREENING CARDIOLOGICO PREVENTIVO GIADA
placca aterosclerotica vulnerabile. Successivamente,
la rottura di placca innescherebbe
fenomeni trombotici e vasospastici con ischemia
miocardica acuta ed eventuale necrosi.
Screening cardiologico preventivo
Scopi
Ogni individuo che si appresti ad iniziare
una attività fisica regolare dovrebbe essere
sottoposto preventivamente ad un’attenta
valutazione cardiologica. È opinione comune,
infatti, che attraverso un adeguato screening
preventivo si possa ridurre la probabilità
di eventi cardiovascolari avversi, in modo
da godere dei benefici della attività fisica senza
incorrere nei rischi ad essa associati.
Scopo dello screening preventivo è verificare
l’esistenza di cardiopatie clinicamente
silenti in soggetti apparentemente sani nonché,
in caso di cardiopatia accertata, stratificare
il rischio associato alla pratica dell’attività
fisica ed attivare gli interventi terapeutici
eventualmente necessari.
Un efficace screening preventivo permette
la prescrizione di un regime di allenamento
adeguato in termini di sicurezza ed efficacia,
senza privare il soggetto interessato dei benefici
fisici e psicologici derivanti dal training.
Infine, laddove il rischio appare più elevato,
sarà possibile allontanare il soggetto
dalla pratica dell’attività fisica.
Strategie di screening nella popolazione generale
Lo screening preventivo ideale da applicare
alla popolazione generale senza cardiopatia
evidente dovrebbe essere: di semplice
esecuzione; basato su metodiche non
invasive, economicamente non gravoso; largamente
disponibile nel territorio nazionale.
Inoltre dovrebbe possedere un conveniente
rapporto tra i costi (assorbimento di
risorse economiche ed umane) e l’efficacia
(numero di soggetti con cardiopatia individuati
e di vite salvate).
Il rapporto costo/efficacia dello screening
rimane al momento l’aspetto più controverso
e discusso in letteratura, a ragione di diversi
motivi: elevato numero di soggetti da sottoporre
a valutazione; costo degli accertamenti
diagnostici; difficoltà organizzative per
uno screening su larga scala, inclusivo di esami
strumentali; bassa incidenza di eventi cardiovascolari
indotti dall’esercizio; bassa prevalenza
di cardiopatie nella popolazione
oggetto di studio. Nella popolazione generale,
infatti, la probabilità pre-test di individuare
anomalie cardiovascolari significative è modesta
e non sono completamente note la sensibilità
e la specificità delle indagini cardiologiche
più comunemente utilizzate, quali
l’ECG, l’ecocardiogramma ed il test ergometrico.
Rimane inoltre aperto il problema dei
risultati falsi negativi (possibilità di sottovalutazione
del rischio) e falsi positivi (possibilità
di creare danno ed ansia conseguente
ad esclusioni non giustificate dall’attività fisica).
Infine, a complicare ulteriormente lo scenario,
nei soggetti maggiormente allenati, si
osservano modificazioni dell’ECG e della
morfologia cardiaca che ricordano le caratteristiche
di talune cardiopatie (ad esempio la
cardiomiopatia ipertrofica), rendendo talora
difficile la diagnosi differenziale tra “cuore
d’atleta” e patologia cardiaca strutturale 12.
Quale sia la miglior strategia di screening
nella popolazione generale senza cardiopatia
evidente non è noto con precisione. Risulta
però evidente che uno screening basato solo
sull’esecuzione dell’anamnesi e dell’esame
obiettivo non è adeguato ad individuare la
maggioranza dei soggetti a rischio di morte
improvvisa 16. Molte cardiopatie responsabili
di morte improvvisa sono infatti clinicamente
silenti e difficili da diagnosticare, o
anche sospettare, con la sola anamnesi ed
esame obiettivo. Per tale motivo esiste un
grande interesse scientifico riguardo l’esperienza
italiana dello screening medico-sportivo,
che include routinariamente l’ECG.
L’aggiunta dell’ECG alla visita medica ed alla
raccolta della storia clinica sembra capace di
migliorare significativamente il potere diagnostico
dello screening, senza elevarne
eccessivamente il costo. L’esperienza dei ricercatori
italiani 7, 17 indica una buona sensibilità
dell’ECG nei confronti delle cardiomiopatie di
più frequente riscontro (cardiomiopatia ipertrofica
e cardiomiopatia aritmogena del ventricolo
destro). Il rapporto costo/efficacia
sembra, inoltre, favorevole 18.
Vol. 59, N. 2 MEDICINA DELLO SPORT 205
GIADA RISCHI CARDIOVASCOLARI DELL’ESERCIZIO FISICO E SCREENING CARDIOLOGICO PREVENTIVO
A indiretta conferma della efficacia del
l’ECG, uno studio recente condotto in ampia
popolazione di atleti suggerisce che l’esecuzione
di un ecocardiogramma nei soggetti già
valutati con l’ECG e considerati esenti da patologie
cardiovascolari non migliora in modo
apprezzabile l’efficacia dello screening 19.
L’esecuzione di un test ergometrico, considerando
i limiti legati alla specificità e sensibilità
di tale indagine in popolazioni di individui
apparentemente sani ed asintomatici,
viene in genere considerata solo nei soggetti
con più elevata probabilità di malattia coronarica,
quali quelli in età adulta/avanzata o
con più fattori di rischio cardiovascolare 20.
Stratificazione del rischio nei pazienti cardiopatici
Nei capitoli successivi viene discussa la
stratificazione del rischio relativo all’esercizio
fisico nelle singole patologie cardiovascolari
e le eventuali specifiche controindicazioni
al training.
I pazienti cardiopatici, a prescindere dal
tipo di cardiopatia da cui sono affetti, vengono
generalmente suddivisi in due gruppi
principali di rischio:
a) pazienti a basso rischio (devono essere
presenti tutte le caratteristiche seguenti):
assenza di segni e sintomi di scompenso cardiaco;
classe funzionale NYHA 1-2; assenza
di angina o segni ECGrafici di ischemia a
riposo: discreta capacità funzionale (almeno
6 METs); assenza di ischemia a basso carico
(<6 METs); normale incremento della frequenza
cardiaca e pressione durante sforzo;
assenza di aritmie ventricolari complesse a
riposo e/o da sforzo; frazione di eiezione
>50%).
b) Pazienti a rischio moderato-elevato (è
sufficiente la presenza di almeno una delle
caratteristiche seguenti): presenza di segni e
sintomi di scompenso cardiaco; classe funzionale
NYHA 3-4; scarsa capacità funzionale
(<6 METs); presenza di angina o segni
ECGrafici di ischemia a basso carico (<6
METs); mancato incremento della frequenza
cardiaca e pressione durante sforzo; presenza
di aritmie ventricolari complesse a riposo
e/o da sforzo; frazione di eiezione <35-40%);
precedente episodio di arresto cardiaco primario
(non dovuto cioè a cause rimuovibili).
Costituiscono, infine, controindicazioni cardiovascolari
all’esercizio fisico le seguenti
condizioni: angina instabile, stenosi o insufficienza
valvolare severa, scompenso cardiaco
in atto, aritmie non controllate, recente
episodio trombo-embolico, pericardite o miocardite
in fase acuta, ipertensione arteriosa
severa non controllata.
Raccomandazioni
In tutti i soggetti che si apprestano a praticare
o che già praticano attività fisica, la presente
Task Force, in accordo con un recente
documento della Società Europea di Cardiologia
21, raccomanda uno screening preventivo
cardiologico (Figura 1).
Lo screening dovrà comprendere la rac-
206 MEDICINA DELLO SPORT Giugno 2006
Anamnesi, esame obiettivo, ECG,
test ergometrico (se >40 anni negli
uomini o >50 anni nelle donne,
presenza di cardiopatia)
Reperti sospetti
o positivi
Reperti
negativi
Ulteriori indagini
cardiologiche
Avvio ai
training
Non evidenza
di cardiopatia
Evidenza/
conferma
di cardiopatia
Basso-medio
rischio
Alto rischio
Avvio
al training
Stratificazione del rischio
Esclusione
dal training
Figura 1.—Screening cardiologico preventivo nel soggetto
sano e nel cardiopatico: diagramma di flusso.
RISCHI CARDIOVASCOLARI DELL’ESERCIZIO FISICO E SCREENING CARDIOLOGICO PREVENTIVO GIADA
colta dell’anamnesi, l’esame obiettivo e l’ECG
a 12 derivazioni. Negli uomini con più di 40
anni, nelle donne con più di 50 anni e nei
soggetti con fattori di rischio plurimi si raccomanda
anche l’esecuzione di un test ergometrico
massimale. Nei pazienti con cardiopatia
accertata, oltre al test erometrico può
essere utile eseguire, almeno al primo controllo,
anche un ecocardiogramma ed un
Holter.
Nella raccolta dell’anamnesi dovranno essere
attentamente ricercati e valutati tutti quei
fattori in grado di condizionare il rischio cardiovascolare
all’esercizio fisico (Tabella I).
L’esame fisico dovrà focalizzare l’attenzione
sui seguenti aspetti: caratteristiche antropometriche;
ritmo e pressione arteriosa;
auscultazione cardiaca; presenza dei polsi
e/o soffi vascolari, eccetera. Nell’interpretazione
dell’ECG dovranno essere valorizzate
sia le alterazioni del ritmo, sia quelle morfologiche
(Tabella II).
Infine, si raccomanda che lo screening venga
eseguito da medici con esperienza specifica
in cardiologia e medicina dello sport.
Se nel corso dello screening emergono
anomalie cardiovascolari deve essere valutata
la necessità di ulteriori indagini, privilegiando
inizialmente quelle non invasive, quali
l’ecocardiogramma, il monitoraggio secondo
Holter, l’ECG-averaging, il tilt testing,
l’ECO-stress, la scintigrafia miocardica, la
RMN e la TAC cardiaca. Se ritenuto necessario,
andranno eseguite anche indagini inva-
Vol. 59, N. 2 MEDICINA DELLO SPORT 207
TABELLA I. — Raccomandazioni per la raccolta dell’anamnesi
e per l’esame fisico nello screening cardiologico
preventivo.
Anamnesi familiare
—Morte improvvisa giovanile nei familiari di primo
grado
—Cardiopatia ischemica <55 anni se maschi, <65 se
femmine
—Cardiopatie genetiche: cardiomiopatia ipertrofica,
cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro,
cardiomiopatia dilatativa, S. del QT lungo, S. del
QT corto, S. di Brugada
Anamnesi personale
— Precedente riscontro di cardiopatia o di soffi cardiaci
—Sintomi cardiovascolari: dolore toracico, dispnea e
astenia a riposo o durante sforzo; sincope; pre-sincope;
vertigini; palpitazioni; claudicatio arti inferiori
— Fattori di rischio cardiovascolare: dislipidemia; ipertensione;
fumo; diabete; età >60 anni
— Comorbidità: obesità; diabete; malattie ortopediche;
patologie neurologiche; malattie pneumologiche
—Pregresso reumatismo o infezioni virali recenti
— Utilizzo di farmaci: leciti e non leciti
— Livello di attività fisica abituale
Esame fisico
—Altezza, peso corporeo e circonferenza addominale
— Caratteristiche scheletriche: S. di Marfan
—Ritmo cardiaco, pressione arteriosa in entrambe le
braccia
—Auscultazione cardiaca (in clino e ortostatismo): 1°
e 2° tono, toni aggiunti, presenza di soffi d’intensità
>2/6
— Presenza polsi e/o soffi carotidei e femorali
—Presenza di edemi declivi, turgore giugulare, epatomegalia,
stasi polmonare
TABELLA II. — Criteri di positività dell’ECG a riposo.
Onda P
—Ingrandimento atriale sinistro: porzione negativa
della P in VI ≥0.1 mV in profondità e ≥0.04 sec in
durata
—Ingrandimento atriale destro: onda P aguzza in II e
III o ≥0.25 mV in ampiezza in VI
Complesso QRS
— Marcata deviazione assiale sul piano frontale: destra
≥+120° o sinistra da -30° a -90°
—Aumento di voltaggio: onda R o S nelle derivazioni
standard ≥2 mV, onda S in V1 o V2 ≥3 mV, o
onda R in V5 o V6 ≥3 mV
— Onde Q anomali ≤0.04 sec in durata o ≥25% dell’altezza
della seguente onda R o complesso QS 2 o più
derivazioni
—Blocco completo di branca destra o sinistra, con
QRS ≥0.12 sec
—Onda R o R’ in VI ≥0.5 mV in ampiezza e rapporto
R/S ≥1
Segmento ST, onde T e intervallo QT
— Segmento ST depresso o onda T piatta o invertita in
2 o più derivazioni
Disturbi del ritmo e della conduzione
—Battiti prematuri ventricolari o aritmie ventricolari
complessse
—Tachicardia sopraventricolare, flutter o fibrillazione
atriale
—Intervallo PR corto (<0,12 sec) con o senza onda
“delta”
— Bradicardia sinusale marcata <40 battiti/min*
— Blocco AV di primo grado (PR ≥0,22 sec†), di secondo
o terzo grado
*) Che aumenta a meno di 100 battiti/min durante step test. †)
Che non si riduce con iperventilazione o esercizio. Da Corrado
et al.21
GIADA RISCHI CARDIOVASCOLARI DELL’ESERCIZIO FISICO E SCREENING CARDIOLOGICO PREVENTIVO
sive, quali la ventricolografia, la coronarografia,
lo studio elettrofisiologico, la biopsia
endomiocardica e l’impianto di loop recorder
sottocutaneo 1, 2, 22.
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